DALLA NASCITA ALL'ADOLESCENZA
Quando tutto ebbe inizio.... |
" Pinci dai, oggi tocca alla mamma" disse mio padre vedendomi già sveglia seduta sul mio lettino nella camera da letto dei miei genitori a casa nostra, sul lago maggiore.
Avevo cinque anni, il magone e quell'aria arrabbiata che faceva sentire mio padre lusingato e allo stesso tempo in colpa per qualcosa che non aveva fatto.
Tutte le mattine, in vacanza, mi portava fuori a fare colazione "da Tiffany ", come la chiamavamo noi.
Aveva una Moto Guzzi Le Mans rosso fiammante. Quando l'accendeva il rombo mi faceva venire i brividi.
Per me era inconcepibile che ci portasse mia madre!
Non mi stavano prendendo in giro, così cominciai a fare le mie solite sceneggiate da bambina viziata,tanto da raggiungere l'accordo di un giro post colazione al loro ritorno.
Aspettai tutta la mattina sul terrazzo, vestita, pronta, con mia nonna che mi diceva che non sarebbero tornati prima se avessi continuato a fissare la strada come un cagnolino che aspetta il padrone.
Ma rimasi lì ferma, e quando sentii il rumore delle mia moto ero già al cancello.
Come promesso mio padre mi portò dove andavamo quasi sempre, dal meccanico di moto del paese, un suo amico con il quale faceva lunghe chiacchierate mentre io me ne stavo seduta a fissare i vari rottami in riparazione.
Sognavo di sistemare questa o quella moto e di poterle guidare. Studiavo i modelli ed imparavo le marche e, ogni tanto, mi facevano salire in sella alla mia preferita del momento.
La passione per la moto mio padre credo l'abbia avuta fin dalla nascita e, appena riusciva a guadagnare qualche soldino se ne comprava una. La Guzzi era la sua preferita ma, ogni tanto, arrivava con qualcosa di nuovo, giusto per togliersi qualche sfizio.
Ricordo ancora quando lo aspettammo in trepidante attesa davanti al cancello al lago e lui arrivò su un DKV rosso fuoco. Scoppiettava ed io me ne innamorai subito. Quando venne il mio turno del giro ero talmente eccitata che, mentre mi prendeva in braccio per posizionarmi a cavallo davanti a lui, non smettevo di muovere i piedini e rigai con la fibbia dei sandali il nuovo serbatoio luccicante.....
Si arrabbiò talmente che, nominando tutti i santi del paradiso, mi prese sotto le ascelle e mi scaraventò per terra...non accorgendosi che sotto di me c'era un tombino mezzo aperto, dentro al quale finii con una bella lacerazione della gamba sinistra fino al ginocchio.
Nonostante questi piccoli eventi il momento giro in moto con mio padre rimase sempre la mia cosa preferita da fare con lui.
A scuola il sabato era diventato il mio giorno preferito, perchè sapevo che all'uscita lui mi aspettava con due caschi e tutti i miei compagni mi invidiavano.
Anche mio fratello non vedeva l'ora di raggiungere l'età giusta per poter guidare la sua prima moto, che fu un Cagiva SST 125 ma, quando tornò a casa con una Honda Dominator blu dopo essere andato dal concessionario con mio papà, ricordo che mi disse che mai avrebbe pensato di poter avere una cosa così bella per le mani.
Lo invidiai molto quando partì, insieme alla ragazza che poi sarebbe diventata sua moglie, per un viaggio in Germania con tuta, bauletti ed uno zaino gigante sulle spalle della sua povera fidanzata.
Sapevo che era quello che volevo, un uomo con la moto che mi portasse in giro per il mondo.
Verso i quattordici anni iniziai anche io a partecipere alle gite in moto della famiglia. Ricordo ancora quando andammo a Borgotaro con la nuova Yamaha FZR exup di mio padre; era bellissima e aveva gli stessi colori della moto da gara di Eddie Lawson. Ovviamente non sapevo chi fosse, e non lo so tuttora, ma lui si era preso anche la tuta in pelle e il casco di questo corridore ed io lo dicevo a tutti. La moto era tanto veloce quanto scomoda che, se solo provavo ad allontanare un ginocchio dalla posizione avvinghiata ai fianchi di mio padre, le gambe mi volavano via.
All'età di sedici anni mi regalarono un Booster. Erano i primi scooter ed io mi divertivo tantissimo. Non mi era permesso però portarmelo a Milano perchè, diceva mio padre, me lo avrebbero rubato.
Nella mia città per cui mi dovetti accontentare di un vecchio Motobecane rosa che si accendeva con i pedali. Ero un adolescente, avevo appena iniziato le superiori e la vergogna superava talmente la voglia di moto che non lo usai quasi mai.
Un giorno, al lago, andai come sempre a trovare il meccanico assieme a mio padre e, parcheggiata nel cortile, c'era una Red Rose viola e bianca 50 stupenda. Mi vennero le lacrime agli occhi quando mi consegnarono le chiavi.
Era la mia prima vera moto, il modello che avevo sempre sognato...ed era mia.
Non stavo più nella pelle, imparai a guidarla ed iniziai a farci un sacco di giri sentendomi bellissima.
Ebbi così il permesso di portare il Booster a Milano. Un mese dopo me lo rubarono sotto casa.
L'adolescenza, come sempre capita, mi portò però su strade diverse. Iniziai ad avere gli amici, ad uscire e a non volere più passare i miei weekend al lago, ma da sola a Milano.
Fu così che della moto non mi interessò più niente, non feci nemmeno la patente, vendemmo la mia red rose e la Guzzi si fermò nel box, classificata come moto d'epoca e sostituita da un nuovo modello di scooter, il T Max.
Presi un motorino per muovermi in città che non mi rubarono e non sognai più viaggi lontani in sella con il mio fidanzato, ma notti folli con Luciano Ligabue.
Fino a che non andai all' università......
L' UNIVERSITA'
Non ho mai amato tanto studiare. Sono passata con un 37 stirato alla maturità e ho passato l'esame dell'anno integrativo solo perchè avevo il terrore di dover tornare a studiare in quella scuola che non sopportavo più. Non sapevo cosa volevo fare da grande, veterinaria era troppo impegnativo. Avevo quasi pensato di abbandonare tutto ed iniziare a lavorare, quando mia cugina iniziò a parlarmi di quanto fosse entusiasta e felice dell' ISEF, l'università per diventare insegnanti di educazione fisica.
Non so se era quello che volevo, ma mi sembrava la scelta più divertente e stimolante che potevo permettermi.... e poi avrei trovato di sicuro un bel maschione muscoloso.
Così mi iscrissi al test d'ingresso ed iniziai gli allenamenti con un gruppo di matricole.
Subito mi trovai con una ragazza di nome Deborah. Avevamo gli stessi pensieri sulla gente che ci circondava e ascoltava paziente i miei racconti sull'animatore conosciuto in Grecia l'estate passata.
Superammo entrambe l'esame di ammissione e lei si fece spostare nella mia classe per poter stare insieme. Nel frattempo la mia storia d'amore si era già conclusa e a lei toccò sopportare la ricerca sfrenata dell'uomo della mia vita.
Gli atletici frequentatori della famigerata università non erano, però, per niente così belli ed interessanti come mi ero immaginata, ma mi feci tanti amici, con i quali organizzavamo feste, serate, gite e vacanze in montagna.
Io e Deborah diventammo inseparabili. Ed io, inspiegabilmente, popolare.
L'unica risposta che mi diedi per questo fortuito evento ( alle superiori è già tanto se sapevano il mio nome ) fu che ero la cugina della più bella dell' ISEF.
La domanda che tutti mi facevano era : " Ma tu sei la cugina di miss ISEF? "...quasi stupiti, vista la poca somiglianza e la presenza in me di ancora un bel paio di baffi. Dopodichè volevano che gliela presentassi.
Anche Devis, un mio compagno di classe, un giorno si sedette vicino a me, in mensa, e mi fece la stessa domanda. Lui fu l'unico, però, a conquistare la mia bella cugina, ma, allo stesso tempo, scoprimmo di stare bene insieme e diventammo amici...e un trio, io , lui e Deborah
Devis era sempre insieme ad un ragazzo che a me piaceva molto, Ricky, che però non partecipava molto alla vita universitaria, non dava troppa confidenza...ma era, per me , un gran figo.
Entrambi erano capaci di farci ridere con le lacrime agli occhi, quando si sedevano dietro di noi a lezione.
Deborah insisteva col dire che Ricky era perfetto per me, ma, consapevole anche del fatto che al suo paese stava con una ragazza bellissima, a detta di Devis, accantonai l'idea immaginando che uno come lui non si sarebbe mai messo con una come me.
Così passò un anno. Io con qualche storiella, Devis assieme a mia cugina e Deborah con il suo fidanzato storico.
Ero però felice perchè con loro stavo bene, andavamo al lago, o venivano a casa mia. Io e Devis parlavamo tantissimo e ridevamo per quelle stupidate che capivamo solo noi...tipo ascoltare per ore un gingle di una radio, che si era probabilmente impallata, e che ripeteva tutto il giorno " Solo musica...a richiesta "
Lui mi suggeriva cosa faceva ridere Ricky ed io lo facevo, strappandogli sempre un sorriso, ma senza grandi risultati.
Iniziai il secondo anno, tornando dalle vacanze estive lasciata nuovamente dal ragazzo di turno e.....successe una cosa.
Durante una lezione Ricky si appese ad una spalliera. Gli salì la maglietta e vidi i suoi addominali. Mi innamorai.
Il giorno dopo, esonerata come sempre dalla lezione di basket, si fece esonerare anche lui, si sedette al mio fianco e mi chiese se poteva accarezzarmi la testa rasata....e parlammo.
Da lì in poi iniziai a cercarlo con lo sguardo e a desiderare di ridere con lui, cosa che era capace di fare come mai nessuno aveva fatto prima.
Ci piaceva stare insieme, ci veniva naturale.
Quando lo raccontai a Deborah lei, felicissima, disse che era il momento.
Io, però, ancora non credevo di poter riuscire a competere con la sua ragazza, ma Devis, che era lì vicino, intervenne dicendo che l'aveva lasciata.
Mi si illuminarono gli occhi.
Iniziò anche a venire a qualche festa e a dormire a casa mia, come tutti facevano!
Diceva, ridendo, che, dato che eravamo compagni di classe, non se la sentiva di avere una storia con me, ma che mi avrebbe sposata una volta laureati.
Mi piaceva, sapevo che scherzava, ma per la prima volta in vita mia sentivo che si sarebbe perdutamente innamorato di me.
Come ogni anno prendemmo una casa in montagna per capodanno e Ricky mi disse che sarebbe, magari, passato a trovarci.
Ricordo ancora che, dopo una sciata, mangiando una bella fetta di torta in un bar, chiamò per dire che aveva la febbre...e dalla sua voce mi sembrò veramente dispiaciuto.
Ho cominciato a sperare che guarisse, e sentivo la sua mancanza.
Mai potevo immaginare che il trenta dicembre si sarebbe veramente presentato in auto da solo e mi sarei ritrovata a bere grappa con lui e Devis in un bar in mezzo alla neve.
Il giorno dopo, in maglietta a maniche corte, fuori, al freddo, sotto i botti dell'ultimo dell'anno ci baciammo.
Ero felicissima....oltre che abbastanza brilla!!!!
Tornammo a casa in macchina insieme, da soli. Il traffico era atroce e ci impiegammo più di sei ore...ma furono le ore più belle della mia vita. Parlammo di tutto, della sua vita, della mia, dei nostri desideri....eravamo già compagni di viaggio.
Deborah non era con noi in montagna, ma quando glielo raccontai fece i salti di gioia.
Fu proprio lei, a scuola, a continuare a chiedergli quando mi avrebbe portata al cinema a vedere il primo film di Aldo, Giovanni e Giacomo.
Lui era veramente timoroso, aveva paura di rovinare una bella amicizia da compagni di classe, ma alla fine cedette....e fu una serata perfetta.
I tre anni che passarono ci unirono talmente da non riuscire più a tenere la nostra storia segreta e da non poter più fare a meno l'uno dell'altra.
Avevo un ragazzo che quando mi diceva "dopo ti chiamo" lo faceva veramente, che mi veniva a prendere, mi presentava gli amici e dormiva con me il sabato notte.
Avevo un ragazzo che non mi aveva lasciata dopo un mese per un' altra.
Avevo un ragazzo che sei mesi dopo il nostro primo bacio disse di amarmi.
Avevo un ragazzo che amavo.
Avevo un ragazzo con il quale presi un aereo per Cuba.
Avevo un ragazzo che, una volta laureati, non mi sposò come promesso, ma si trasferì a Milano per venire a vivere con me.
Avevo un ragazzo che decise di fare la patente per la moto e si comprò un'honda Dominator Blu per poter creare un modo di viaggiare tutto nostro e speciale.
Avevo Ricky.
ADULTI
La mattina del tre giugno 2006 suonò il mio cellulare e dall'altra parte della cornetta, la mia migliore amica , che non mi abbandonò mai dalle superiori, disse " ma stai ancora dormendo???? Alzati dai che devi andare dal parrucchiere!!!! Sei agitata? " No, non lo ero, dopo un anno di prove ed organizzazione, quella mattina ero tranquillissima.
Prima di salutarmi fece una pausa e disse... " Sara, oggi ti sposi "
Ero nella mia cameretta a casa dei miei e, appeso sul mio armadio azzurro, c'era il mio abito bianco.
Si, tra poche ore avrei sposato il mio Ricky.
Il capodanno di due anni prima, in una camera d'albergo ad Amsterdam, da dove si vedevano i fuochi d'artificio sul fiume Dham, stavo piangendo a dirotto guardando un anello con diamante.
Con l'aiuto delle famiglie, ci eravamo comprati una casa nuova, con un grande terrazzo per la nostra Micia, ed avevamo organizzato una grande festa.
Tutto riuscì alla perfezione: la cerimonia in comune, l'aperitvo nel giardino della villa, i video trasmessi dai nostri amici, le bomboniere e le danze fino alla mezzanotte.
Anche l'open bar ebbe il suo effetto.
Dopo una caduta dalle scale della torre, mio marito svenne sotto gli occhi di tutti.
Qualcuno cadde nell'impresa di correre a prendere il mio bouquet proiettile lanciato da in cima la torre della villa, che invece si scaraventò a terra in mille pezzi.
Qualcuno scivolò dal tavolo sul quale stava ballando procurandosi un taglio al sopracciglio.
E qualcuno si sentì male e fu portato a casa in braccio.
In compenso tutti gli altri si divertirono come pazzi ed il giorno dopo ci ringraziarono della bella giornata.
Noi eravamo felici, sposati e pronti per nostro viaggio di nozze di un mese.
In Perù.
Aveva una Moto Guzzi Le Mans rosso fiammante. Quando l'accendeva il rombo mi faceva venire i brividi.
Per me era inconcepibile che ci portasse mia madre!
Guzzi Le Mans |
Aspettai tutta la mattina sul terrazzo, vestita, pronta, con mia nonna che mi diceva che non sarebbero tornati prima se avessi continuato a fissare la strada come un cagnolino che aspetta il padrone.
Ma rimasi lì ferma, e quando sentii il rumore delle mia moto ero già al cancello.
Come promesso mio padre mi portò dove andavamo quasi sempre, dal meccanico di moto del paese, un suo amico con il quale faceva lunghe chiacchierate mentre io me ne stavo seduta a fissare i vari rottami in riparazione.
Sognavo di sistemare questa o quella moto e di poterle guidare. Studiavo i modelli ed imparavo le marche e, ogni tanto, mi facevano salire in sella alla mia preferita del momento.
DKV |
Ricordo ancora quando lo aspettammo in trepidante attesa davanti al cancello al lago e lui arrivò su un DKV rosso fuoco. Scoppiettava ed io me ne innamorai subito. Quando venne il mio turno del giro ero talmente eccitata che, mentre mi prendeva in braccio per posizionarmi a cavallo davanti a lui, non smettevo di muovere i piedini e rigai con la fibbia dei sandali il nuovo serbatoio luccicante.....
Si arrabbiò talmente che, nominando tutti i santi del paradiso, mi prese sotto le ascelle e mi scaraventò per terra...non accorgendosi che sotto di me c'era un tombino mezzo aperto, dentro al quale finii con una bella lacerazione della gamba sinistra fino al ginocchio.
Nonostante questi piccoli eventi il momento giro in moto con mio padre rimase sempre la mia cosa preferita da fare con lui.
A scuola il sabato era diventato il mio giorno preferito, perchè sapevo che all'uscita lui mi aspettava con due caschi e tutti i miei compagni mi invidiavano.
Anche mio fratello non vedeva l'ora di raggiungere l'età giusta per poter guidare la sua prima moto, che fu un Cagiva SST 125 ma, quando tornò a casa con una Honda Dominator blu dopo essere andato dal concessionario con mio papà, ricordo che mi disse che mai avrebbe pensato di poter avere una cosa così bella per le mani.
Lo invidiai molto quando partì, insieme alla ragazza che poi sarebbe diventata sua moglie, per un viaggio in Germania con tuta, bauletti ed uno zaino gigante sulle spalle della sua povera fidanzata.
Sapevo che era quello che volevo, un uomo con la moto che mi portasse in giro per il mondo.
La mia Red Rose |
All'età di sedici anni mi regalarono un Booster. Erano i primi scooter ed io mi divertivo tantissimo. Non mi era permesso però portarmelo a Milano perchè, diceva mio padre, me lo avrebbero rubato.
Nella mia città per cui mi dovetti accontentare di un vecchio Motobecane rosa che si accendeva con i pedali. Ero un adolescente, avevo appena iniziato le superiori e la vergogna superava talmente la voglia di moto che non lo usai quasi mai.
Un giorno, al lago, andai come sempre a trovare il meccanico assieme a mio padre e, parcheggiata nel cortile, c'era una Red Rose viola e bianca 50 stupenda. Mi vennero le lacrime agli occhi quando mi consegnarono le chiavi.
Era la mia prima vera moto, il modello che avevo sempre sognato...ed era mia.
Non stavo più nella pelle, imparai a guidarla ed iniziai a farci un sacco di giri sentendomi bellissima.
Ebbi così il permesso di portare il Booster a Milano. Un mese dopo me lo rubarono sotto casa.
L'adolescenza, come sempre capita, mi portò però su strade diverse. Iniziai ad avere gli amici, ad uscire e a non volere più passare i miei weekend al lago, ma da sola a Milano.
Fu così che della moto non mi interessò più niente, non feci nemmeno la patente, vendemmo la mia red rose e la Guzzi si fermò nel box, classificata come moto d'epoca e sostituita da un nuovo modello di scooter, il T Max.
Presi un motorino per muovermi in città che non mi rubarono e non sognai più viaggi lontani in sella con il mio fidanzato, ma notti folli con Luciano Ligabue.
Fino a che non andai all' università......
L' UNIVERSITA'
Io e Deborah |
Non so se era quello che volevo, ma mi sembrava la scelta più divertente e stimolante che potevo permettermi.... e poi avrei trovato di sicuro un bel maschione muscoloso.
Così mi iscrissi al test d'ingresso ed iniziai gli allenamenti con un gruppo di matricole.
Subito mi trovai con una ragazza di nome Deborah. Avevamo gli stessi pensieri sulla gente che ci circondava e ascoltava paziente i miei racconti sull'animatore conosciuto in Grecia l'estate passata.
Io, Deborah e Devis |
Gli atletici frequentatori della famigerata università non erano, però, per niente così belli ed interessanti come mi ero immaginata, ma mi feci tanti amici, con i quali organizzavamo feste, serate, gite e vacanze in montagna.
Io e Deborah diventammo inseparabili. Ed io, inspiegabilmente, popolare.
L'unica risposta che mi diedi per questo fortuito evento ( alle superiori è già tanto se sapevano il mio nome ) fu che ero la cugina della più bella dell' ISEF.
La domanda che tutti mi facevano era : " Ma tu sei la cugina di miss ISEF? "...quasi stupiti, vista la poca somiglianza e la presenza in me di ancora un bel paio di baffi. Dopodichè volevano che gliela presentassi.
Noi, dove tutto ebbe inizio |
Devis era sempre insieme ad un ragazzo che a me piaceva molto, Ricky, che però non partecipava molto alla vita universitaria, non dava troppa confidenza...ma era, per me , un gran figo.
Entrambi erano capaci di farci ridere con le lacrime agli occhi, quando si sedevano dietro di noi a lezione.
Deborah insisteva col dire che Ricky era perfetto per me, ma, consapevole anche del fatto che al suo paese stava con una ragazza bellissima, a detta di Devis, accantonai l'idea immaginando che uno come lui non si sarebbe mai messo con una come me.
Così passò un anno. Io con qualche storiella, Devis assieme a mia cugina e Deborah con il suo fidanzato storico.
Ero però felice perchè con loro stavo bene, andavamo al lago, o venivano a casa mia. Io e Devis parlavamo tantissimo e ridevamo per quelle stupidate che capivamo solo noi...tipo ascoltare per ore un gingle di una radio, che si era probabilmente impallata, e che ripeteva tutto il giorno " Solo musica...a richiesta "
Lui mi suggeriva cosa faceva ridere Ricky ed io lo facevo, strappandogli sempre un sorriso, ma senza grandi risultati.
Noi, insieme |
Durante una lezione Ricky si appese ad una spalliera. Gli salì la maglietta e vidi i suoi addominali. Mi innamorai.
Il giorno dopo, esonerata come sempre dalla lezione di basket, si fece esonerare anche lui, si sedette al mio fianco e mi chiese se poteva accarezzarmi la testa rasata....e parlammo.
Da lì in poi iniziai a cercarlo con lo sguardo e a desiderare di ridere con lui, cosa che era capace di fare come mai nessuno aveva fatto prima.
Ci piaceva stare insieme, ci veniva naturale.
Quando lo raccontai a Deborah lei, felicissima, disse che era il momento.
Io, però, ancora non credevo di poter riuscire a competere con la sua ragazza, ma Devis, che era lì vicino, intervenne dicendo che l'aveva lasciata.
Mi si illuminarono gli occhi.
Iniziò anche a venire a qualche festa e a dormire a casa mia, come tutti facevano!
Diceva, ridendo, che, dato che eravamo compagni di classe, non se la sentiva di avere una storia con me, ma che mi avrebbe sposata una volta laureati.
Mi piaceva, sapevo che scherzava, ma per la prima volta in vita mia sentivo che si sarebbe perdutamente innamorato di me.
Come ogni anno prendemmo una casa in montagna per capodanno e Ricky mi disse che sarebbe, magari, passato a trovarci.
Ricordo ancora che, dopo una sciata, mangiando una bella fetta di torta in un bar, chiamò per dire che aveva la febbre...e dalla sua voce mi sembrò veramente dispiaciuto.
Ho cominciato a sperare che guarisse, e sentivo la sua mancanza.
Mai potevo immaginare che il trenta dicembre si sarebbe veramente presentato in auto da solo e mi sarei ritrovata a bere grappa con lui e Devis in un bar in mezzo alla neve.
Il giorno dopo, in maglietta a maniche corte, fuori, al freddo, sotto i botti dell'ultimo dell'anno ci baciammo.
Ero felicissima....oltre che abbastanza brilla!!!!
Tornammo a casa in macchina insieme, da soli. Il traffico era atroce e ci impiegammo più di sei ore...ma furono le ore più belle della mia vita. Parlammo di tutto, della sua vita, della mia, dei nostri desideri....eravamo già compagni di viaggio.
Deborah non era con noi in montagna, ma quando glielo raccontai fece i salti di gioia.
Fu proprio lei, a scuola, a continuare a chiedergli quando mi avrebbe portata al cinema a vedere il primo film di Aldo, Giovanni e Giacomo.
Lui era veramente timoroso, aveva paura di rovinare una bella amicizia da compagni di classe, ma alla fine cedette....e fu una serata perfetta.
I tre anni che passarono ci unirono talmente da non riuscire più a tenere la nostra storia segreta e da non poter più fare a meno l'uno dell'altra.
Avevo un ragazzo che quando mi diceva "dopo ti chiamo" lo faceva veramente, che mi veniva a prendere, mi presentava gli amici e dormiva con me il sabato notte.
Avevo un ragazzo che non mi aveva lasciata dopo un mese per un' altra.
Avevo un ragazzo che sei mesi dopo il nostro primo bacio disse di amarmi.
Avevo un ragazzo che amavo.
Avevo un ragazzo con il quale presi un aereo per Cuba.
Avevo un ragazzo che, una volta laureati, non mi sposò come promesso, ma si trasferì a Milano per venire a vivere con me.
Avevo Ricky.
Noi e la nostra prima Lei |
ADULTI
La mattina del tre giugno 2006 suonò il mio cellulare e dall'altra parte della cornetta, la mia migliore amica , che non mi abbandonò mai dalle superiori, disse " ma stai ancora dormendo???? Alzati dai che devi andare dal parrucchiere!!!! Sei agitata? " No, non lo ero, dopo un anno di prove ed organizzazione, quella mattina ero tranquillissima.
Prima di salutarmi fece una pausa e disse... " Sara, oggi ti sposi "
Ero nella mia cameretta a casa dei miei e, appeso sul mio armadio azzurro, c'era il mio abito bianco.
Si, tra poche ore avrei sposato il mio Ricky.
Il capodanno di due anni prima, in una camera d'albergo ad Amsterdam, da dove si vedevano i fuochi d'artificio sul fiume Dham, stavo piangendo a dirotto guardando un anello con diamante.
Con l'aiuto delle famiglie, ci eravamo comprati una casa nuova, con un grande terrazzo per la nostra Micia, ed avevamo organizzato una grande festa.
Tutto riuscì alla perfezione: la cerimonia in comune, l'aperitvo nel giardino della villa, i video trasmessi dai nostri amici, le bomboniere e le danze fino alla mezzanotte.
Marito e Moglie |
Dopo una caduta dalle scale della torre, mio marito svenne sotto gli occhi di tutti.
Qualcuno cadde nell'impresa di correre a prendere il mio bouquet proiettile lanciato da in cima la torre della villa, che invece si scaraventò a terra in mille pezzi.
Qualcuno scivolò dal tavolo sul quale stava ballando procurandosi un taglio al sopracciglio.
E qualcuno si sentì male e fu portato a casa in braccio.
In compenso tutti gli altri si divertirono come pazzi ed il giorno dopo ci ringraziarono della bella giornata.
Noi eravamo felici, sposati e pronti per nostro viaggio di nozze di un mese.
In Perù.
I BALDO |
bello questo post, emozionante!
RispondiEliminaok non ho pianto neppure con la seconda parte però un po' di brividini mi sono venuti nel rileggere tutto :-)
RispondiElimina...bella storia di vita hai ancora tanta strada davanti a te ma mi sembra che tieni una buona media di viaggio...dicono che i diversi si pigliano e si completano, io sono stato sposato 17 anni, con una diversa, ho girato il mondo con lei, ma poi il viaggio si è interrotto. Ora ho una compagna da quasi 7 anni, più uguale a me, sono ripartito e stò girando il mondo che mi manca e spero di non finire mai il viaggio, come lo auguro a voi! Ciao
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